Il Lino e la Dora
Quei gradoni del Lino erano il nostro punto di ritrovo. Lino era il titolare dell'alimentari situato a pochi metri di distanza dal campetto. Alle 17.15, puntuale come un orologio svizzero, con un quarto d'ora d'anticipo sulle canoniche 17,30 (orario d'apetura tradizionale degli alimentari), Lino arrivava in sella alla sua graziella, utilizzata per coprire l'incolmabile distanza di circa 50 metri che separava il negozio dalla sua abitazione.
Di fatto quei gradoni erano territorio nostro. Lui provava quotidianamente a mandarci via, mediante trucchetti puerili come quelli che si usano cercando di cacciare i corvi con l'uso di uno spaventapasseri. Quanti accidenti ci siamo presi. Era una convivenza forzata: lui dava da mangiare a noi e noi davamo da mangiare a lui. Grandissimo Lino.
La sua fama nel quartiere era talmente nota che proliferava anche qualche leggenda metropolitana. Una storia diffusa narrava che Simone Dal Bon, molti anni prima, avesse avuto un incidente col motorino proprio nell'incrocio dinanzi al negozio. L'ambulanza arrivò in seguito alla chiamata del Lino dall'apparecchio del suo alimentari. Una volta rimessosi in sesto, Dal Bon andò ad acquistare una lattina di aranciata. Accingendosi a pagare col solito millante (è dura crederlo dopo il passaggio all'euro, ma una volta una lattina costava 1000 lire), chiese stupito il motivo della richiesta di quelle 200 lire supplementari. Aspettandosi come motivazione il rincaro dei prezzi, Dal Bon fu invece gelato dalla risposta del negoziante: "Sono per la telefonata...", con la chiara allusione alla chiamata al 118 in occasione del succitato incidente. Tutti noi siamo cresciuti nella piena convinzione della veridicità della vicenda. Una volta, per scrupolo, ho voluto chiederne conferma proprio a Dal Bon. Con grande stupore, appresi che non corrispondeva a verità. Fu un colpo durissimo, come quando da piccolo vieni a scoprire che Babbo Natale non esiste.
Nonostante la leggenda si sia rivelata solamente una fiaba, essa può ben inquadrare il personaggio. Basti ricordare che la sera annaffiava i vasi delle piante con l'acqua avanzata dalla vaschetta delle mozzarelle. Il negozio aveva due ingressi, ma una delle due porte rimaneva quasi sempre chiusa e noi ne approfittavamo per metterci a sedere sui gradoni davanti. A lui questo non andava proprio giù ed ogni tanto tornava alla carica. Talvolta ricorreva persino all'uso di un dialetto maccheronico, come quando uscì minaccioso con un secchio pieno d'acqua in mano urlando a gran voce "Sciaquet!!!" e, visto che noi c'eravamo alzati prontamente, lo rovesciò sulla scalinata in modo tale che non potessimo sederci prima che si fosse asciugata.
Un'altra volta aveva affisso un cartello sulla vetrina, con una sagoma di cartone riciclata da qualche scatolone, riportante la scritta "Vietato sedersi sui gradini". Noi non ce ne curammo e lui, tutto fiero, uscì sull'uscio del negozio indicandoci il cartello con un ghigno compiacente, quasi a pensare "Ve l'ho fatta, vi ho fregato!". Ma la mia risposta lo mandò su tutte le furie: "Mica c'è la marca da bollo, quel cartello non vale niente...". "Te la dò io la marca da bollo!!!", rispose maneggiando una scopa e costringendoci alla ormai consueta e divertente fuga.
Una volta, riferendosi al giorno precedente quando Pino - scambiandomi per il Belli - mi aveva preso per il collo, mi disse: "T'ha buschet anche da Pino...". Ci trattava male fuori dal negozio, ma poi quando entravamo per comprare qualcosa non ci diceva niente. Era una tregua forzata. Lui sfamava noi e noi sfamavamo lui. Ma una volta, dopo l'ennesimo contrasto, partì l'embargo. Avevamo deciso di non comprare più niente da lui e di dirottarci dalla Dorina, l'alimentari sito proprio di fronte al Pinocchio. A volte eravamo talmente strafottenti da andare a sederci sui gradoni del Lino con le cibarie acquistate dalla Dora. Il Lino si era rovinato con le sue mani: doveva continuare a sopportare i nostri schiamazzi ma senza più sottrarre denaro dalle nostre tasche. L'embargo però si trascinò stancamente per poco tempo. In fondo noi e Lino ci volevamo bene.
Erano i bei vecchi tempi del Lino e della Dora. Purtroppo la chiusura della Dorina prima e del Lino poi hanno contribuito a cancellare un pezzo di storia del Cristo Re. Storia piena zeppa di aneddoti goliardici e divertenti. Da tramandare con fierezza ai posteri. Per fortuna nessuno ci può impedire di ricordare i bei tempi che furono. I tempi del Lino e della Dora.
by STe
Quei gradoni del Lino erano il nostro punto di ritrovo. Lino era il titolare dell'alimentari situato a pochi metri di distanza dal campetto. Alle 17.15, puntuale come un orologio svizzero, con un quarto d'ora d'anticipo sulle canoniche 17,30 (orario d'apetura tradizionale degli alimentari), Lino arrivava in sella alla sua graziella, utilizzata per coprire l'incolmabile distanza di circa 50 metri che separava il negozio dalla sua abitazione.
Di fatto quei gradoni erano territorio nostro. Lui provava quotidianamente a mandarci via, mediante trucchetti puerili come quelli che si usano cercando di cacciare i corvi con l'uso di uno spaventapasseri. Quanti accidenti ci siamo presi. Era una convivenza forzata: lui dava da mangiare a noi e noi davamo da mangiare a lui. Grandissimo Lino.
La sua fama nel quartiere era talmente nota che proliferava anche qualche leggenda metropolitana. Una storia diffusa narrava che Simone Dal Bon, molti anni prima, avesse avuto un incidente col motorino proprio nell'incrocio dinanzi al negozio. L'ambulanza arrivò in seguito alla chiamata del Lino dall'apparecchio del suo alimentari. Una volta rimessosi in sesto, Dal Bon andò ad acquistare una lattina di aranciata. Accingendosi a pagare col solito millante (è dura crederlo dopo il passaggio all'euro, ma una volta una lattina costava 1000 lire), chiese stupito il motivo della richiesta di quelle 200 lire supplementari. Aspettandosi come motivazione il rincaro dei prezzi, Dal Bon fu invece gelato dalla risposta del negoziante: "Sono per la telefonata...", con la chiara allusione alla chiamata al 118 in occasione del succitato incidente. Tutti noi siamo cresciuti nella piena convinzione della veridicità della vicenda. Una volta, per scrupolo, ho voluto chiederne conferma proprio a Dal Bon. Con grande stupore, appresi che non corrispondeva a verità. Fu un colpo durissimo, come quando da piccolo vieni a scoprire che Babbo Natale non esiste.
Nonostante la leggenda si sia rivelata solamente una fiaba, essa può ben inquadrare il personaggio. Basti ricordare che la sera annaffiava i vasi delle piante con l'acqua avanzata dalla vaschetta delle mozzarelle. Il negozio aveva due ingressi, ma una delle due porte rimaneva quasi sempre chiusa e noi ne approfittavamo per metterci a sedere sui gradoni davanti. A lui questo non andava proprio giù ed ogni tanto tornava alla carica. Talvolta ricorreva persino all'uso di un dialetto maccheronico, come quando uscì minaccioso con un secchio pieno d'acqua in mano urlando a gran voce "Sciaquet!!!" e, visto che noi c'eravamo alzati prontamente, lo rovesciò sulla scalinata in modo tale che non potessimo sederci prima che si fosse asciugata.
Un'altra volta aveva affisso un cartello sulla vetrina, con una sagoma di cartone riciclata da qualche scatolone, riportante la scritta "Vietato sedersi sui gradini". Noi non ce ne curammo e lui, tutto fiero, uscì sull'uscio del negozio indicandoci il cartello con un ghigno compiacente, quasi a pensare "Ve l'ho fatta, vi ho fregato!". Ma la mia risposta lo mandò su tutte le furie: "Mica c'è la marca da bollo, quel cartello non vale niente...". "Te la dò io la marca da bollo!!!", rispose maneggiando una scopa e costringendoci alla ormai consueta e divertente fuga.
Una volta, riferendosi al giorno precedente quando Pino - scambiandomi per il Belli - mi aveva preso per il collo, mi disse: "T'ha buschet anche da Pino...". Ci trattava male fuori dal negozio, ma poi quando entravamo per comprare qualcosa non ci diceva niente. Era una tregua forzata. Lui sfamava noi e noi sfamavamo lui. Ma una volta, dopo l'ennesimo contrasto, partì l'embargo. Avevamo deciso di non comprare più niente da lui e di dirottarci dalla Dorina, l'alimentari sito proprio di fronte al Pinocchio. A volte eravamo talmente strafottenti da andare a sederci sui gradoni del Lino con le cibarie acquistate dalla Dora. Il Lino si era rovinato con le sue mani: doveva continuare a sopportare i nostri schiamazzi ma senza più sottrarre denaro dalle nostre tasche. L'embargo però si trascinò stancamente per poco tempo. In fondo noi e Lino ci volevamo bene.
Erano i bei vecchi tempi del Lino e della Dora. Purtroppo la chiusura della Dorina prima e del Lino poi hanno contribuito a cancellare un pezzo di storia del Cristo Re. Storia piena zeppa di aneddoti goliardici e divertenti. Da tramandare con fierezza ai posteri. Per fortuna nessuno ci può impedire di ricordare i bei tempi che furono. I tempi del Lino e della Dora.
by STe