Pietro Ingrato
Pietro Severino, o più semplicemente Pietrino. Chi ha assistito almeno una volta al tiro al piccione, con Pietrino nei panni del malcapitato volatile, non potrà che custodire gelosamente il ricordo di quelle esilaranti serate. Pietro era un tipo molto particolare, e per alcuni aspetti lo è tuttora. Ormai di lui si sono perse le tracce da quando è andato a studiare a Milano. Chi lo
avesse perso di vista, stenterebbe a riconoscerlo con gli attuali capelli rasta. Quel ragazzetto (ero piccirillo io, figuriamoci lui che ha 3 anni meno di me) mi si era presentato con i racconti di una fantomatica squadra di gagnozzi dal nome asiatico (la Mikkidò, per la precisione), da lui capitanata, che era addirittura riuscita nella poco invidiabile impresa di incassare trenta gol in poco più di uindici minuti. Amava esasperare le situazioni, ma in quel caso aveva davvero esagerato. Con quell'enorme cazzata che voleva farmi bere, mi aveva in realtà fornito un Signor biglietto da visita.Inimitabile Pietrino. Era un ragazzo sensibile e bizzarro ed amava essere al centro dell'attenzione. Forse proprio per questa ragione aveva preso la via della porta. Amava mettersi in discussione, ma era molto sicuro di sè. Per questo non si separava mai da quei guantoni puzzolenti e dalla maglia da portiere
stile Tacconi: voleva dimostrare a tutti di essere all'altezza del compito. Il ruolo del portiere è forse
il più delicato. E Pietrino voleva vincere la scommessa. I Cicci. Per chi già non lo sapesse, una sineddoche indica quando con una parte si vuole rappresentare il tutto. Per esempio, alcuni poeti del passato, nei loro versi, si riferivano all'albero maestro per indicare l'intera nave. Allo stesso modo noi utilizzavamo la figura dei Cicci (i 2 gemelli che hanno scritto pagine di storia del Cristo Re) per affigurare non solo loro, ma anche Boia, Pollo, Nazi, Maso, Delve e tutta la compagnia. Ignoravano di essere i nostri idoli. Erano più grandi ed ogni loro gesto, per quanto semplice, rappresentava per noi un modello da imitare. Anche la frase più insulsa che carpivamo dai loro discorsi, la facevamo nostra ed alcune di esse le abbiamo addirittura tramandate fino ad ora. Come poter dimenticare il celebre "E adesso cappuccio, cigarrozzo e poi... PRAC!!!", pronunciato dal Ciccio Magro al termine di un match post-primo maggio? Oppure le urla di giubilo "Fumaaaa!!" riferite al Mariolone (super Mario Briosche) pizzicato con una sigaretta in mano? O ancora il famosissimo motto "Sempre giocato, mai prenotato"? Noi per i Cicci eravamo solo dei mocciosi, ma loro per noi hanno rappresentato un unto di riferimento. E l'alone leggendario era rafforzato ancora di più dalla nostra fantasia, che traduceva la targa 4CBAD del motorino (un "si" piaggio) del Ciccio come la sigla di Ciccio IV° il cattivo.
Il Bomber. I Cicci erano mitici per noi. Ma una spanna sopra di loro c'era Mariute, conosciuto da tutti come Il Bomber. Tutti, erroneamente, associavamo il soprannome alle sue doti realizzative. In seguito Roby, fedele amico di Belli e coetaneo di Mariute, ci disse che in realtà lo pseudonimo era dovuto al fatto che, da piccolo, Marini indossasse perennemente lo stesso bomber (inteso come capo di abbigliamento), come fosse la coperta di Linus. Ma quello che tutti ci ricordiamo, è l'inseparabile k-way giallo che sciorinava il sabato al campetto. Nei giorni feriali tornava dal lavoro verso le 19 e, prima di andare a casa, scendeva giù al Cristo a dare spettacolo. Non per il tipo di calcio praticato, quanto per gli effetti sonori altamente coinvolgenti. Con lui una semplice tedesca assumeva tutto un altro connotato. Anche in una serie di tiri senza pretese, lui metteva ordine. Imbastiva le azioni. Rigorosamente al centro, con gli altri disposti ai lati per sfornare cross a ripetizione. Ordinava applausi scroscianti o fischi sonori, condendoli con esclamazioni di straordinaria ilarità. Era uno spettacolo. Il suo grido "Mamma li Turchi" riusciva spesso nel compito di strappare Puntone (che abitava nel palazzo sopra al campetto) dai libri universitari, il richiamo del Cristo era troppo forte per potersi opporre al fato.Tiro al piattello. Gli "Ooova" e gli "Zinghee" del Mariute accompagnavano i tiri verso la porta, in cui veniva ogni volta schierato un bocia. Spesso e volentieri era il turno di Pietrino, condomino della sua stessa palazzina. Ad ogni gol era una pioggia di insulti. Il bomber cercava sempre di piazzarla sotto il sette, apostrofando Pietrino in malo modo in caso di reti subite. Ma almeno il suo scopo era quello di costruire azioni spettacolori coronandole col gol. Quello dei Cicci consisteva invece nel calciare nel modo più forte possibile verso la porta difesa da Pietrino, che fungeva così da orsetto pronto a schivare i piattelli che gli venivano indirizzati contro. E le urla "Ridateci i soldi del biglietto", quasi a voler simulare una situazione di reale sdegno per le papere del portiere, davano alla circostanza un tocco di magico. il Bomber apostrafava Pietrino col nome di Pietro Ingrato, storpiando il nome di un famoso, se non erro, deputato (Pietro Ingrao). I Cicci scaricavano le loro mine sul povero Pietrino che soffriva più il dolore morale che quello prettamente fisico. Puntualmente Severino tornava a casa con le pive nel sacco e in un fiume di lacrime. Ma era un pò masochista, perché puntualmente il giorno dopo si ripresentava desideroso di riscatto. Una volta era persino andato, grazie ai miei insistenti solleciti, a citofonare a casa del Bomber per sfidarlo a scendere al campetto. Un ragazzino dodicenne che andava a chiamare un trentenne per tirare due calci al Cristo. Impertinente Pietrino. Roba da matti. Più Pietro veniva umiliato, più il desiderio di rivalsa cresceva in lui. Epica la scena del Ciccio che, palla al piede e con un bastone in mano, correva verso la porta di Pietro intimandogli di uscire. Pietrino si avventava sui piedi del Ciccio, ma costui con un colpo di frusta verso terra, spaventandolo, lo costringeva ad alzare le braccia. Immediata la scucchiaiata del Ciccio che con un morbido pallonetto consentiva alla sfera di rotolare in fondo al sacco, con tutti gli insulti e gli improperi che ne derivavano: "Meeeerdaaa!", ancora sentiamo riecheggiare quell'urlo strepitoso. Ma l'esasperato calcio-champagne voluto dal Bomber obbliga tutti a tirare al volo quando i cross fossero eccessivamente invitanti. Logica conseguenza era l'andare a raccogliere il pallone tra le frasche del giardino dei Giuliani. Il compito, manco a dirlo, spettava a Pietrino. Una volta, con Severino arrampicatosi sulla recinzione ad un'altezza di circa 4 o 5 metri, partì un nutrito lancio di oggetti da parte dei Cicci per spaventarlo. Non volevano colpirlo. Tuttavia la sbadataggine di uno di loro (non ne ricordo il nome, noi lo chiamavamo "il Puma da grande" perchè era così che, nella nostra immaginazione, vedevamo il Puma 20 anni dopo) portò un sassolino ad incocciare la zucca di Pietro. Non è che si fosse fatto granchè, ma certo non era stata una carezza. Le urla di Pietro arrampicato sulla rete scatenarono un tripudio. Risate fragorose, con Pietrino a disperarsi ancora di più. Povero Pietro, quante ne ha passate. Ma, rovescio della medaglia, quante ne abbiamo viste. Se non ci fosse stato, avremmo dovuto inventarlo. Grazie di tutto. Grazie Pietro Ingrato.
by STe
Pietro Severino, o più semplicemente Pietrino. Chi ha assistito almeno una volta al tiro al piccione, con Pietrino nei panni del malcapitato volatile, non potrà che custodire gelosamente il ricordo di quelle esilaranti serate. Pietro era un tipo molto particolare, e per alcuni aspetti lo è tuttora. Ormai di lui si sono perse le tracce da quando è andato a studiare a Milano. Chi lo
avesse perso di vista, stenterebbe a riconoscerlo con gli attuali capelli rasta. Quel ragazzetto (ero piccirillo io, figuriamoci lui che ha 3 anni meno di me) mi si era presentato con i racconti di una fantomatica squadra di gagnozzi dal nome asiatico (la Mikkidò, per la precisione), da lui capitanata, che era addirittura riuscita nella poco invidiabile impresa di incassare trenta gol in poco più di uindici minuti. Amava esasperare le situazioni, ma in quel caso aveva davvero esagerato. Con quell'enorme cazzata che voleva farmi bere, mi aveva in realtà fornito un Signor biglietto da visita.Inimitabile Pietrino. Era un ragazzo sensibile e bizzarro ed amava essere al centro dell'attenzione. Forse proprio per questa ragione aveva preso la via della porta. Amava mettersi in discussione, ma era molto sicuro di sè. Per questo non si separava mai da quei guantoni puzzolenti e dalla maglia da portiere
stile Tacconi: voleva dimostrare a tutti di essere all'altezza del compito. Il ruolo del portiere è forse
il più delicato. E Pietrino voleva vincere la scommessa. I Cicci. Per chi già non lo sapesse, una sineddoche indica quando con una parte si vuole rappresentare il tutto. Per esempio, alcuni poeti del passato, nei loro versi, si riferivano all'albero maestro per indicare l'intera nave. Allo stesso modo noi utilizzavamo la figura dei Cicci (i 2 gemelli che hanno scritto pagine di storia del Cristo Re) per affigurare non solo loro, ma anche Boia, Pollo, Nazi, Maso, Delve e tutta la compagnia. Ignoravano di essere i nostri idoli. Erano più grandi ed ogni loro gesto, per quanto semplice, rappresentava per noi un modello da imitare. Anche la frase più insulsa che carpivamo dai loro discorsi, la facevamo nostra ed alcune di esse le abbiamo addirittura tramandate fino ad ora. Come poter dimenticare il celebre "E adesso cappuccio, cigarrozzo e poi... PRAC!!!", pronunciato dal Ciccio Magro al termine di un match post-primo maggio? Oppure le urla di giubilo "Fumaaaa!!" riferite al Mariolone (super Mario Briosche) pizzicato con una sigaretta in mano? O ancora il famosissimo motto "Sempre giocato, mai prenotato"? Noi per i Cicci eravamo solo dei mocciosi, ma loro per noi hanno rappresentato un unto di riferimento. E l'alone leggendario era rafforzato ancora di più dalla nostra fantasia, che traduceva la targa 4CBAD del motorino (un "si" piaggio) del Ciccio come la sigla di Ciccio IV° il cattivo.
Il Bomber. I Cicci erano mitici per noi. Ma una spanna sopra di loro c'era Mariute, conosciuto da tutti come Il Bomber. Tutti, erroneamente, associavamo il soprannome alle sue doti realizzative. In seguito Roby, fedele amico di Belli e coetaneo di Mariute, ci disse che in realtà lo pseudonimo era dovuto al fatto che, da piccolo, Marini indossasse perennemente lo stesso bomber (inteso come capo di abbigliamento), come fosse la coperta di Linus. Ma quello che tutti ci ricordiamo, è l'inseparabile k-way giallo che sciorinava il sabato al campetto. Nei giorni feriali tornava dal lavoro verso le 19 e, prima di andare a casa, scendeva giù al Cristo a dare spettacolo. Non per il tipo di calcio praticato, quanto per gli effetti sonori altamente coinvolgenti. Con lui una semplice tedesca assumeva tutto un altro connotato. Anche in una serie di tiri senza pretese, lui metteva ordine. Imbastiva le azioni. Rigorosamente al centro, con gli altri disposti ai lati per sfornare cross a ripetizione. Ordinava applausi scroscianti o fischi sonori, condendoli con esclamazioni di straordinaria ilarità. Era uno spettacolo. Il suo grido "Mamma li Turchi" riusciva spesso nel compito di strappare Puntone (che abitava nel palazzo sopra al campetto) dai libri universitari, il richiamo del Cristo era troppo forte per potersi opporre al fato.Tiro al piattello. Gli "Ooova" e gli "Zinghee" del Mariute accompagnavano i tiri verso la porta, in cui veniva ogni volta schierato un bocia. Spesso e volentieri era il turno di Pietrino, condomino della sua stessa palazzina. Ad ogni gol era una pioggia di insulti. Il bomber cercava sempre di piazzarla sotto il sette, apostrofando Pietrino in malo modo in caso di reti subite. Ma almeno il suo scopo era quello di costruire azioni spettacolori coronandole col gol. Quello dei Cicci consisteva invece nel calciare nel modo più forte possibile verso la porta difesa da Pietrino, che fungeva così da orsetto pronto a schivare i piattelli che gli venivano indirizzati contro. E le urla "Ridateci i soldi del biglietto", quasi a voler simulare una situazione di reale sdegno per le papere del portiere, davano alla circostanza un tocco di magico. il Bomber apostrafava Pietrino col nome di Pietro Ingrato, storpiando il nome di un famoso, se non erro, deputato (Pietro Ingrao). I Cicci scaricavano le loro mine sul povero Pietrino che soffriva più il dolore morale che quello prettamente fisico. Puntualmente Severino tornava a casa con le pive nel sacco e in un fiume di lacrime. Ma era un pò masochista, perché puntualmente il giorno dopo si ripresentava desideroso di riscatto. Una volta era persino andato, grazie ai miei insistenti solleciti, a citofonare a casa del Bomber per sfidarlo a scendere al campetto. Un ragazzino dodicenne che andava a chiamare un trentenne per tirare due calci al Cristo. Impertinente Pietrino. Roba da matti. Più Pietro veniva umiliato, più il desiderio di rivalsa cresceva in lui. Epica la scena del Ciccio che, palla al piede e con un bastone in mano, correva verso la porta di Pietro intimandogli di uscire. Pietrino si avventava sui piedi del Ciccio, ma costui con un colpo di frusta verso terra, spaventandolo, lo costringeva ad alzare le braccia. Immediata la scucchiaiata del Ciccio che con un morbido pallonetto consentiva alla sfera di rotolare in fondo al sacco, con tutti gli insulti e gli improperi che ne derivavano: "Meeeerdaaa!", ancora sentiamo riecheggiare quell'urlo strepitoso. Ma l'esasperato calcio-champagne voluto dal Bomber obbliga tutti a tirare al volo quando i cross fossero eccessivamente invitanti. Logica conseguenza era l'andare a raccogliere il pallone tra le frasche del giardino dei Giuliani. Il compito, manco a dirlo, spettava a Pietrino. Una volta, con Severino arrampicatosi sulla recinzione ad un'altezza di circa 4 o 5 metri, partì un nutrito lancio di oggetti da parte dei Cicci per spaventarlo. Non volevano colpirlo. Tuttavia la sbadataggine di uno di loro (non ne ricordo il nome, noi lo chiamavamo "il Puma da grande" perchè era così che, nella nostra immaginazione, vedevamo il Puma 20 anni dopo) portò un sassolino ad incocciare la zucca di Pietro. Non è che si fosse fatto granchè, ma certo non era stata una carezza. Le urla di Pietro arrampicato sulla rete scatenarono un tripudio. Risate fragorose, con Pietrino a disperarsi ancora di più. Povero Pietro, quante ne ha passate. Ma, rovescio della medaglia, quante ne abbiamo viste. Se non ci fosse stato, avremmo dovuto inventarlo. Grazie di tutto. Grazie Pietro Ingrato.
by STe